Francesco Magro Winelivery

Winelivery: intervista al CEO Francesco Magro

Perché Winelivery ha deciso di trasformarsi e di passare dal mondo digitale al mondo fisico con l’apertura dei suoi store? Di solito il processo di trasformazione è inverso, mentre voi siete passati da un’app a uno store. 

Quello che abbiamo fatto in questi anni è creare una forte awareness attorno al nostro marchio. Ovviamente la natura del servizio che offriamo ci permette di capitalizzare questa awareness solo in maniera parziale perché Winelivery, nel suo modello di business tradizionale, ossia la consegna a domicilio in 30 minuti, è adatto a città di una certa dimensione. Un primo motivo per cui abbiamo deciso di espanderci con il format bar ed enoteca, che prevede la somministrazione di vino e bevande al pubblico, è quella di poter portare il nostro marchio anche in piazze meno densamente popolate. Con questo format riusciamo a entrare in provincia con un servizio diverso ma correlato al nostro business, e al tempo stesso possiamo agganciare ai nostri punti retail anche il servizio di consegna a domicilio. Non dobbiamo vederla come una business line separata ma come una modalità che ci permette di portare il nostro brand anche in zone differenti, dove finora non era possibile.

Wielivery è un marchio giovane che in pochissimi anni è riuscito a diventare un brand importante. Qual è la sua storia? Come sei riuscito a trasformare quella startup in una realtà che oggi è di fatto una scale-up? 

La storia è lunga, proverò a riassumerla per sommi capi perché in questi sette anni sono successe molte cose. Siamo partiti con scarse competenze settoriali semplicemente perché avevamo visto che negli Stati Uniti il modello di business della consegna a domicilio di alcolici esisteva già e stava andando bene. Allora ci siamo detti, perché non provare a essere quelli che fanno lo startup di questo modello anche in Italia con l’obiettivo di scalarlo in tutta Europa? E ci siamo lanciati nella creazione dell’azienda che consegna alcolici a domicilio, all’inizio copiando proprio il business model americano. Tuttavia non è stata una grande scelta perché non avevamo considerato che in Italia il tessuto distributivo del mondo di alcolici è completamente differente, non a caso il primo lancio di Winelivery nel 2016 è stato un enorme disastro. Quello che avevamo pensato non funzionava perché non era coerente con il tipo di mercato in cui eravamo inseriti, allora abbiamo iniziato a fare una serie di modifiche al modello di erogazione del servizio, passando da un marketplace a un modello dove tutta la catena logistica è internalizzata.

Oggi Winelivery ha relazioni direttamente con il produttore della bevanda e con il consumatore. All’inizio non era così, abbiamo dovuto capire che c’era un modo diverso per fare questo mestiere rispetto a quello che invece viene utilizzato oltre oceano oppure in Asia, dove esistono altri esperimenti di modelli di business simili a Winelivery. 

Secondo te come sta cambiando il settore del retail legato al mondo delle caffetterie, delle enoteche e simili? C’è un trend che avete cercato di intercettare?

È una domanda molto complicata. Sicuramente il tema del vivere delle esperienze fuori casa, e utilizzo la parola ‘esperienza’ perché deve essere qualcosa che non riguarda solo il prodotto ma tutto quello che succede alla persona quando entra in contatto con il brand, è qualcosa di molto attuale.

L’opportunità che abbiamo identificato è il fatto che ad oggi, nel nostro specifico verticale, non esiste un leader italiano come invece accade in tutti i paesi esteri europei dove la catena di bar ed enoteche è molto comune, ad esempio in Francia, Olanda, Germania e Regno Unito. In Italia c’è invece un mercato decisamente più frammentato fatto di piccoli imprenditori, enoteche e wine bar indipendenti. Noi crediamo che a un certo punto ci sarà una convergenza in cui anche il modello a catena, in Italia, avrà un valore. Dalla nostra abbiamo il marchio, la forza aziendale e tendenzialmente anche un format che potrebbe essere proprio il primo ad aprire la strada a questa nuova metodologia.

Come funziona la base dell’esperienza digitale e fisica per l’utente-cliente quando entra in un punto Winelivery?

Partiamo dal presupposto che noi lo chiamiamo ‘digital wine bar’ o ‘digital enoteca’ ma alla fine, nei nostri punti vendita, si beve veramente e il personale ha l’obiettivo di far star bene le persone. Ovviamente siamo un’azienda digitale che tra l’altro sviluppa la propria tecnologia in casa, quindi produciamo i nostri software di cui poi l’applicazione è semplicemente la punta dell’iceberg. Quello che abbiamo provato a fare è capire se la tecnologia poteva supportare la nostra esperienza fisica in store e abbiamo realizzato così un set di funzionalità che partono proprio dall’app – installata già da più di un milione e mezzo di italiani -.

L’app di delivery, quando si entra all’interno di un Winelivery bar ed enoteca, si trasforma e diventa un altro strumento grazie a dei sensori oppure semplicemente inquadrando dei QR Code. A quel punto l’applicazione capisce che l’utente è dentro il locale e gli propone informazioni differenti rispetto a quelle che vede a casa. In particolare, gli permette di sfogliare il menù e di effettuare direttamente i pagamenti alla cassa del locale. Niente di particolarmente innovativo, però immaginate quante applicazioni abbiamo sul territorio e quanto abbiamo la possibilità di dare in mano al cliente uno strumento che gli è familiare. Tra l’altro la possibilità che offriamo all’interno dell’app di aiutare il cliente nella scelta del prodotto giusto, con il sommelier virtuale o con una serie di altri strumenti, semplifica anche le operations. In questa maniera il nostro barista, proprio grazie all’applicazione, può concentrarsi sul servizio e sull’esperienza del cliente, mentre la tecnologia gli dà un supporto nella parte consulenziale.

Poi abbiamo anche tutta un’altra serie di funzionalità disponibili all’interno dell’app, come ad esempio la possibilità di scannerizzare le etichette, di aggiungere i prodotti al carrello e di mandarli direttamente in cassa. Abbiamo integrato anche delle funzioni relative alle esperienze che offriamo all’interno del locale, come ad esempio la possibilità di pubblicare e promuovere eventi di degustazione all’interno dell’app, che diventano così disponibili a tutta la community di Winelivery ma anche uno strumento utile ad amplificare le iniziative che vengono fatte all’interno del punto vendita. 

winelivery Winelivery: intervista al CEO Francesco Magro

Qual è l’affiliato ideale di Winelivery?

La passione per il mondo del beverage è ovviamente un valore aggiunto ma, in continuità con quello che dicevo prima, il fatto di avere una serie di strumenti tecnologici che supportano sia il cliente nella scelta, sia l’operatore nel caso sia lui a dover intermediare il messaggio, dà un grande vantaggio perché permette a qualsiasi persona con buona volontà di potersi affiliare al nostro concept e intraprendere un percorso di successo. Il nostro centro di competenza interna, che fa formazione, e la nostra tecnologia completano insieme quel set di competenze che la persona deve possedere. 

Raccontaci qualcosa di più sulla vostra offerta di format e di come funziona l’affiliazione con Winelivery: cosa fornisce la casa madre? Cosa deve fare l’affiliato in autonomia? 

Noi proponiamo due format più un format che potremmo definire ‘bonus’. Il format principale è quello completo che chiamiamo ‘bar ed enoteca’, ossia un format in cui l’affiliato realizza un wine bar dove fa sia mescita al bicchiere, sia esposizione per la vendita take away delle bottiglie. Poi esiste la versione che fa solo take away dove manca la parte di servizio al bancone: qui semplicemente l’enoteca presenta le bottiglie, sfrutta la tecnologia e il cliente si reca nel punto vendita per acquistare. È un format che funziona bene nelle zone ad alto flusso, come nei centri città, e che ha una componente di investimento decisamente Inferiore proprio perché non ha la parte tecnologica e di strumentazione tecnica che impatta nella costruzione di un wine bar. L’ultimo format è un ibrido, noi lo chiamiamo ‘Pimp my bar’ perché dà la possibilità di utilizzare la nostra tecnologia e i nostri prodotti per personalizzare un locale già esistente.

Winelivery ha un piano di sviluppo molto ambizioso e concreto per tutta l’Italia. Ce lo racconti?

Abbiamo un piano di sviluppo altamente definito perché è già stato finanziato dalla nostra base di investitori. Il nostro obiettivo è quello di portare il format bar ed enoteca in 70 città entro il 2025, aprendo un po’ di locali noi stessi e poi ovviamente offrendo il format in franchising a tutti coloro che vogliono far parte della nostra avventura. Solo per il 2023 abbiamo l’obiettivo di arrivare a 18 punti vendita e pensiamo già entro giugno di superare la decina. Il nostro è un piano di sviluppo denso ma fattibile, anche perché veniamo da una storia di affiliazione commerciale al vecchio format con 60 affiliati – in 18 mesi -. Questo nuovo format è un po’ più complicato ma siamo certi che potremo portare importanti risultati e fare un double up della nostra rete e arrivare a 120 punti in Italia, tra dark store e nuovi punti.

Winelivery è un format snello che prevede un investimento sostenibile. Che cosa fate voi e che cosa deve fare l’affiliato?

È molto semplice ma dipende dalle fasi. Noi abbiamo una fase di pre-live e una fase invece in cui il locale è attivo. Nella fase iniziale quello che deve fare il potenziale affiliato è prima di tutto trovare una location adatta e noi in questo lo supportiamo, in qualche maniera, perché nel mondo del retail la posizione è sicuramente un elemento rilevante. Dopodiché costruiamo insieme qual è il progetto di layout del locale e poi ci occupiamo praticamente di tutto quanto. Una volta validata la location e il suo design, consegniamo il progetto chiavi in mano in pochissimo tempo. Quando invece il locale è pronto ed è in funzione Winelivery si occupa delle attività di marketing per portare più traffico all’interno del locale, mette a disposizione formazione e consulenza su prodotto e fornisce ovviamente i prodotti. Quest’ultimo aspetto anche perché abbiamo un grande vantaggio rispetto a un wine bar tradizionale. Avendo infatti importanti volumi grazie al nostro business online sulla parte delivery, riusciamo a offrire ai nostri affiliati dei prezzi di acquisto molto più competitivi e quindi una marginalità più elevata. L’affiliato, da parte sua, deve concentrarsi nell’erogare un servizio di alto livello alla sua clientela.

Il webinar di Franchising Meet con Winelivery è disponibile anche sul canale Youtube di Franchising Meet.

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Michele Franzese, esperto di franchising e sviluppo format da zero, ha intervistato Francesco Magro, CEO di Winelivery, ospite all’interno del ciclo di webinar di Franchising Meet, il format ideato e realizzato da Scai Comunicazione per fare formazione e networking nel mondo del franchising.