Un nuovo modo di comunicare il Franchising
Un nuovo modo di
comunicare il Franchising

CENTURY 21: “Puntiamo a 120 agenzie in 5 anni, siamo pronti a coprire tutta Italia”

Dalla California al resto del mondo. Prima della Silicon Valley, il Golden State ha dato i natali a un’altra eccellenza americana, CENTURY 21, la più grande agenzia immobiliare del pianeta, con un organico da oltre 150 mila agenti. La cifra è impressionante, ma all’inizio furono solo due agenti: Art Bartlett e Marsh Fisher, attivi nella tranquilla città di Santa Ana. Era il 1971 e l’anno successivo apparvero le giacche color oro, che ogni agente doveva indossare e che hanno reso iconico questo brand. Avanti veloce per più di 50 anni, CENTURY 21 sbarca anche in Italia come CENTURY 21 Italia, grazie all’intuizione e all’amore per le case dell’imprenditore Marco Tilesi.

Proprio per capire meglio come sta andando questa avventura, abbiamo fatto due chiacchiere con il founder Tilesi, che ci ha aperto le porte della prima agenzia d’Italia, il suo quartier generale con vista sulle Mura Aureliane.

Tilesi, com’è nata l’idea di portare tra i nostri confini un franchising immobiliare internazionale molto forte, ma ancora poco conosciuto localmente?

marco tilesi CENTURY 21: “Puntiamo a 120 agenzie in 5 anni, siamo pronti a coprire tutta Italia”

L’idea è nata per due motivi. Il primo è che ogni casa è una storia diversa e ognuna di queste storie mi ha sempre attratto, ancor prima di diventare un imprenditore nel real estate. Per capirci, sono il tipo di persona che quando viaggia si ferma sempre a leggere gli annunci immobiliari di zona. Il secondo motivo è che l’immobiliare è uno dei pochi settori davvero meritocratici. Qui puoi partire da zero, poi più sei bravo, più sai nutrire e gestire relazioni, più lavori al servizio dei clienti, più potrai raccogliere. Nel lavoro di un agente immobiliare conta moltissimo il fattore umano, la capacità di mediare e di trovare soluzioni soddisfacenti per tutte le parti. Credo sia qualcosa che la tecnologia non sarà mai in grado di sostituire. 

Portare CENTURY 21 in Italia è una sfida, perché nel nostro paese ci sono già tanti gruppi e brand consolidati. Come stanno andando le cose?

Direi molto bene. Abbiamo aperto CENTURY 21 Italia circa un anno e mezzo fa, ma il primo anno, nel rispetto della legge, non abbiamo potuto fare contratti di affiliazione. Ora siamo partiti e viaggiamo con obiettivi ambiziosi: aprire 120 agenzie in 5 anni. Al momento abbiamo 5 agenzie aperte e tre in fase di apertura. Siamo già su Roma, Milano e Catania. Vogliamo coprire tutta l’Italia, lavorando su tre macrozone: Nord, Centro e Sud. L’Italia è un paese strategico per tutto il network internazionale, perché suscita sempre interesse in tutto il mondo e per il prestigio che da sempre rappresenta.

Vuoi raccontarci qualche caso di successo?

Sì, vi racconto l’esperienza di un nostro affiliato di Catania. Parliamo di un’agenzia immobiliare di esperienza, sul mercato da oltre 10 anni e che aveva già fatto parte di un altro network. Da questo network avevano deciso di uscire e sono rimasti indipendenti per due anni. Lì sono iniziati i problemi, perché da soli non riuscivano a portare in agenzia né innovazione né un marketing di livello, che poi sono tutte cose che i clienti si aspettano di trovare quando devono vendere o trovare casa. Anche gli agenti si stavano demotivando. Insomma gli affari non andavano bene e le cose da fare erano troppe, togliendo energie e idee al business. Un circolo vizioso che hanno deciso di rompere entrando in CENTURY 21. Grazie alle risorse e ai servizi centralizzati del network, in pochi mesi, sono ripartiti con slancio: il morale degli agenti è risalito, cinque nuove persone sono entrate nel team, l’attività è ripartita. Ora stanno persino progettando di aprire una seconda agenzia dopo l’estate. Mi sembra una storia di vero successo e siamo solo all’inizio.

Parliamo di come importare modelli esteri: CENTURY 21 è un franchise americano e in USA il mercato immobiliare segue logiche, ma soprattutto regole, differenti da quello italiano. Quali sono stati i problemi principali per portarlo in Italia?

Ci sono state diverse sfide, alcune delle quali ancora in corso. Il primo scoglio è il fatto di aprire un ufficio pilota e poi dover per forza attendere un anno prima di poter cominciare a fare contratti di affiliazione. Poi abbiamo dovuto rivedere e adeguare alla legge italiana tutta la parte di contrattualistica tra l’agente, cioè il mediatore, e le parti. In Italia l’agente è terzo tra le parti, cioè al servizio di entrambe. Infatti, nel caso in cui l’accordo vada buon fine, viene pagato sia dal compratore sia dal venditore. In America l’agente lavora esclusivamente per il venditore. Poi c’è il tema enorme dei canali di marketing: ogni paese ha un ecosistema differente e bisogna conoscerlo e saperlo utilizzare a fondo per offrire un buon servizio ai propri clienti. Un’altra questione sono gli strumenti gestionali: ogni paese ha le sue abitudini e regole, quindi o trovi dei fornitori locali per i tuoi gestionali d’agenzia o provi ad adeguare quelli che utilizza la casa madre. In entrambi i casi hai pro e contro, nonché ovviamente spese da affrontare. La fase di startup di un progetto come CENTURY 21 è stata molto impegnativa, ma la cosa positiva è che questo sforzo lo fai una volta sola.

Insomma, portare in Italia un brand estero è certamente uno sforzo notevole. Quali consigli daresti a chi sta magari pensando di diventare un master franchisee, indipendentemente dal settore di attività?

Consiglierei di pensarci molto, ma molto, bene! – conclude con un sorriso Marco Tilesi, founder di CENTURY 21 Italia – Perché servono sia capitali importanti, sia una visione di lungo periodo. Non si rientra dall’investimento in tempi brevi. Dopodiché consiglierei di scegliere un settore o una nicchia non ancora presidiati, perché se non hai – per il momento – concorrenti allora puoi piazzarti sul mercato e diventare subito leader.

SCOPRI COME AFFILIARTI A CENTURY 21 Italia