Nel lancio o nello sviluppo di ogni progetto in franchising, presto o tardi ogni brand si trova a dover far fronte a un dilemma esistenziale.
È fisiologico che prima o poi si presenti un profilo di un affiliato modello, con tutte le caratteristiche e le potenzialità del caso, che però non ha il capitale per poter affrontare l’affiliazione. Come ci si deve comportare in questi casi?
È una questione che mi è stata posta più volte direttamente e che io stesso mi sono trovato ad affrontare nello sviluppo dei brand che seguo, e il mio approccio a questo dilemma è sempre stato lo stesso: senza soldi non si apre. Questa è la regola.
Ora, prima di prendermi per cinico, dobbiamo capire che un franchising è un’impresa a sé, e come tale vive di investimenti e di recupero. Per cui la questione, ancor prima che di redditività, è di sostenibilità e di sopravvivenza.
Non solo, ma come dico spesso, la formula del franchising funziona come un amplificatore, una specie di cassa di risonanza in grado di far crescere esponenzialmente circoli virtuosi ma anche circoli viziosi.
Immaginate quindi cosa potrebbe succedere se ad ogni affiliato con un buon potenziale concedessimo qualche credito pur di portarlo ad apertura: il nostro sviluppo sarebbe finito ancor prima di iniziare. E se pensate che sia un errore troppo banale da commettere, rimarrete stupiti nel sapere che è proprio uno dei più frequenti.
Rinunciare agli introiti derivanti da una affiliazione, non è solo dannoso per casa madre, ma è anche pericoloso per lo sviluppo dell’intera rete. Non si tratta solo di recuperare i costi vivi legati alle aperture degli affiliati, ma di riuscire a marginare su queste aperture al fine di ottenere il capitale necessario da reinvestire nella lead generation, nel marketing e nell’espansione.
L’avvio di uno sviluppo, se fatto con criterio, è spesso un avvio lento che inizialmente non riesce ad auto-sostentarsi, e che vive attingendo ai profitti dei punti diretti di casa madre. E questo va bene, ma fino a un certo punto.
È auspicabile che, al crescere della rete, lo sviluppo del franchising diventi autosufficiente anche e soprattutto da un punto di vista economico, e senza le marginalità delle prime aperture, tutto questo viene rimandato ancora e ancora.
Quindi, se un potenziale affiliato non ha il capitale necessario all’apertura, o lo si assiste nella ricerca di un credito, sempre e comunque erogato e garantito a suo nome, o bisogna abbandonare.
Ovviamente, come in ogni procedura rigida che si rispetti, c’è un “ma” da prendere in considerazione. Prima di farlo però credo sia utile aprire una piccola parentesi per approfondire l’aspetto appena citato dell’accesso al credito.
Microcredito e noleggio operativo
In Italia, purtroppo, non sono molte le carte che un franchisor può giocarsi per aiutare un potenziale affiliato a finanziare la propria apertura.
Per quanto alla mia personalissima esperienza, le uniche due che funzionano decentemente sono microcredito e noleggio operativo.
Per poter disporre del noleggio operativo, casa madre deve disporre già di una solidità abbastanza importante, per cui alla fine, anche questa opzione si rivela piuttosto limitata.
Il microcredito invece è uno strumento abbastanza versatile che, se richiesto con i canali giusti, può apportare al potenziale affiliato una integrazione al suo capitale fino a 75.000€ (o anche 100.000€ in casi particolari). Per cui, se l’investimento per l’affiliazione non è enorme, e magari l’affiliato dispone già di qualcosina, si può arrivare all’obiettivo senza grandi intoppi.
Bene, torniamo al nostro “ma”. Iniziamo subito dicendo che se per ogni regola esiste almeno una eccezione, in questo caso si tratta di una eccezione davvero… eccezionale.
Può succedere che il nostro potenziale affiliato senza capitali si presenti con una location decisamente importante, magari strategica per il nostro posizionamento, o ancora che voglia aprire in una zona che ci interessa particolarmente sviluppare e che non siamo ancora riusciti ad aggredire.
Insomma, può accadere che una specifica apertura, per mille motivi, possa rappresentare una vera opportunità, non tanto economica quanto di sviluppo.
Ecco, in quei casi, e solo in quelli, dopo una attentissima valutazione dei pro e dei contro, e dopo aver fatto molto training autogeno per convincersi della reale eccezionalità del caso, allora forse sarà possibile prendere in considerazione un’affiliazione non totalmente coperta.
Resta il fatto che di norma è una procedura decisamente da evitare. Come dice anche la legge 129 del 2004, l’affiliato è un imprenditore giuridicamente ed economicamente indipendente, e tale deve essere.
Il rischio è quello di attivare quelle dinamiche tossiche per ogni rete che, prima o poi ed inesorabilmente, il sistema franchising ci farà pagare caro.