franchising sviluppo estero

Franchising: lo sviluppo estero

Nello sviluppo di una rete in franchising, oggi, è impensabile non tenere in considerazione il mercato estero, o quantomeno quello europeo.

Dopo l’avvio delle campagne di lead generation è fisiologico iniziare a ricevere richieste dall’Inghilterra, dalla Spagna, dalla Germania, dall’Albania o, sempre più spesso, dagli Emirati Arabi.

Insomma, ogni strategia di sviluppo, dai brand più consolidati a quelli in fase di lancio, non può trascurare una bozza di sviluppo in ambito europeo, o addirittura internazionale.

Questo però non vuol dire che basti mantenere le stesse linee guida per l’Italia giocando semplicemente su un territorio più ampio. 

Aprirsi all’estero è doveroso, ma allo stesso tempo decisamente impegnativo. Comporta la creazione di una strategia ad hoc che possa guidare lo sviluppo su linee generali, ma che abbia anche la flessibilità di adattarsi alle macro aree, alle culture, ai mercati locali e alla clientela finale di ogni nazione (o anche solo parte di essa). Perché a volte basta spostarsi di poco per ritrovarsi a dover soddisfare una domanda di mercato del tutto differente.

Lo sviluppo internazionale viaggia quindi su binari molto più elastici di quello italiano (che già di per sé è uno scenario abbastanza eterogeneo) e ha bisogno di accorgimenti strategici, operativi e strutturali abbastanza precisi.

Proviamo a vedere insieme gli aspetti principali.

Come sviluppare una rete franchising all’estero?

1. Consolidare la strategia

In primis, cominciamo col dire che, soprattutto in determinati settori come moda e food, sarebbe buona norma consolidare la propria presenza in Italia prima di aprire le porte ad affiliati o master franchisor esteri. Questo perché fuori dai nostri confini il carattere dell’”italianità” si sente ancora e può aiutare a spingere uno sviluppo con maggiore slancio. 

Ovviamente, questa non è una regola valida per tutti. Mi è capitato spesso di veder partire lo sviluppo europeo (o addirittura internazionale) ancor prima di quello italiano. Ma, in linea di principio, sarebbe più opportuno improntare una strategia dapprima nostrana per dedicarsi successivamente a quella estera.

2. Analizzare il mercato

C’è bisogno poi di una analisi territoriale delle macro aree che ci aspettiamo siano più appetibili al nostro format. Dobbiamo tenere presente che molte nazioni hanno differenze culturali ed economiche importanti tra loro e che, molto spesso, perfino internamente hanno mercati diversi, come del resto avviene tra nord, centro e sud Italia in molti settori.

È importante quindi definire strategicamente quelle aree che sappiamo possano essere più recettive rispetto al prodotto o al servizio che offriamo e che comunque possono avere una domanda quanto più simile a quella che già sappiamo accontentare.

Ad ogni modo, “elasticità” è la parola chiave. È fondamentale rimanere aperti a più di qualche aggiustamento, e questo per poter adattare la nostra offerta al pubblico finale che, volente o nolente, resta sovrano sulla vendibilità di prodotti o servizi.

3. Valutare l’aspetto logistico

Altro aspetto da dover tenere presente è la logistica

Oggi la distanza non si misura solo in kilometri. Certo, quelli incidono anche e soprattutto quando c’è da spostare semilavorati deperibili come nel caso del food, ma c’è un altro fattore da tener presente, ossia quello delle rotte commerciali.

Aprire in una città più lontana, ma commercialmente più servita potrebbe essere più semplice che aprire in una città più vicina ma con un’economia (e quindi con un flusso commerciale) più debole.

Oggi, in Europa ed in molte altre città del mondo, con un po’ di intelligenza e il giusto stoccaggio, non è poi così complesso andare a servire un punto affiliato.

4. Monitorare la risposta della rete

Infine, c’è la variabile del controllo. Gestire una rete vuol dire essere presenti costantemente all’interno dei punti affiliati. Per questo oggi ci viene incontro la tecnologia. 

Avere dei gestionali che ci permettono di avere in tempo reale le statistiche dei punti vendita sparsi per il mondo ci permette di poter capire non solo come quel singolo punto stia effettivamente mantenendo le aspettative, ma anche di capire come un’area o un mercato stiano cambiano o comportandosi.

Essere presenti costantemente (anche virtualmente) all’interno di ogni singolo punto è forse una delle chiavi del successo di una rete diffusa.

5. Trovare un master franchising

Infine, soprattutto per le zone più lontane o culturalmente meno affini, è importante avviare quelle dinamiche commerciali che ci porteranno a trovare un master franchising, ossia un imprenditore che potrà esser interessato a investire in una nazione o in un territorio specifico, prendendone in mano lo sviluppo e andando a sostituirsi di fatto al franchisor.

L’inserimento di un master è forse un po’ il culmine in una strategia di espansione estera, ma per poterci arrivare, c’è bisogno di diversi step, tutti calibrati in base alle esigenze e alla domanda di mercato locali.

Articolo a cura di Andrea Ciancarelli, esperto in start-up, branding, creazione e sviluppo di franchising. Dal 2010 è Founder, CEO ed Executive Director in restore, agenzia specializzata nello sviluppo di reti in franchising. Grande conoscitore del mondo franchising in Spagna, dove si è formato apprendendo tutti i segreti del mestiere, negli ultimi 10 anni ha collaborato con alcuni dei più importanti brand in franchising italiani e spagnoli come llaollao, Rossopomodoro, Lizarran, Antica Focacceria San Francesco, Mennella e ecox4d, contribuendo a lanciare nuovi marchi e nuovi settori di mercato.